È ancora possibile essere cristiani in una società che ormai non lo è più? Ecco la domanda cruciale che ha deciso di porsi pubblicamente, senza troppi sconti, il teologo e biblista belga Jozef De Kesel, cardinale e arcivescovo emerito di Bruxelles-Malines. Nel suo ultimo libro, Cristiani in un mondo che non lo è più, emerge non un ultimo e disperato tentativo di sopravvivere ai cambiamenti pagando poco dazio, ma un franco appello a riscoprire la vocazione pratica, realista e politica del Vangelo, in un pianeta ormai definitivamente multiculturale e multireligioso che lo ha reso di fatto facoltativo. Un quadro che ci offre l’occasione per una vera e propria reinvenzione che probabilmente ha ancora da riservare delle sorprese, come sostiene fra gli altri il teologo indiano Felix Wilfred, dato che non saremmo che ai primi passi di questo movimento: in cui la provocazione sarà sempre più quella di diventare cristiani, più che semplicemente esserlo: «Diventare cristiani interreligiosamente è un’esperienza arricchente e stimolante». Del resto, se il ruolo sociologico delle Chiese appariva fino a non molti anni fa preponderante nella vita delle comunità e nell’organizzazione rituale dell’esistenza, dalla nascita alla morte, tale legame si è dissolto, almeno nel nostro continente, fino ad assistere alla duplice estinzione del cristianesimo politico e del cristianesimo sociologico. Con una domanda martellante: quali saranno il futuro la forma della Chiesa e della religione in un Occidente così trasformato?
Jozef De Kesel, classe 1947, originario di Gand, nelle Fiandre, ha studiato teologia all’Università Cattolica di Lovanio e alla Gregoriana di Roma, con una tesi sul Gesù storico nell’interpretazione di Rudolf Bultmann. Prima di diventare, nel 2002, vescovo ausiliare di Bruxelles-Malines, ha insegnato Teologia dogmatica e Teologia fondamentale a Gand e a Lovanio. Gode da tempo la fama, meritata, di uomo aperto e ben disposto a dialogare senza timori con la cultura della modernità, auspicando – come scrive – «una Chiesa che partecipa al dibattito pubblico e s’impegna per un mondo più umano e fraterno».