Sono passati trent’anni, ma quei giorni di aprile del 1994 sono impressi nella memoria di Godeliève Mukasarasi come se fosse ieri. Sopravvissuta per miracolo allo scontro fratricida tra hutu e tutsi e al genocidio che spazzò via dal Ruanda oltre 800mila persone, in maggioranza della seconda etnia, Mukasarasi ha perso gran parte della famiglia. Ma è stata risparmiata, e da allora non si è più fermata. Ha messo in campo energie e competenze, molta determinazione e una straordinaria capacità di relazione per ricucire dal basso i fili di quel tessuto sociale così barbaramente lacerato. La sua attenzione si è rivolta soprattutto alle donne vittime di stupro durante il genocidio. Una donna che lavora per la pace e la riconciliazione coinvolgendo diversi soggetti: dalle istituzioni alle chiese, dalla società civile alle autorità tradizionali. L’occasione per ricordare una pagina tristissima della storia recente fatta di violenze e ferite e per costruire strade di riconciliazione.
Modera l’incontro Anna Pozzi, giornalista e saggista, esperta di questioni africane.
Testimone del genocidio in Ruanda. «Nel Signore ritrovo la mia forza»
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Godeliève Mukasarasi è nata nel 1956 a Gitarama, nel distretto di Muhanga, dove per 25 anni ha lavorato come assistente sociale. Dopo aver sposato Emmanuel Rudasingwa, si è trasferita nel villaggio di Taba.Durante i terribili cento giorni del genocidio del 1994, Taba fu lo scenario di alcuni dei più cruenti massacri commessi dagli hutu verso i tutsi, in particolare dalla milizia paramilitare Interahamwe che stuprò e uccise centinaia di tutsi negli uffici governativi. Godeliève era hutu, ma venne comunque perseguitata in quanto moglie e madre di tutsi. Purtroppo, il marito e la figlia di Godeliève non riuscirono a sfuggire alla violenza.
Già nel dicembre del 1994 fondò l’associazione Solidarietà per la promozione delle vedove e degli orfani in vista dell’impiego e dell’autopromozione (Sevota), che ha assistito e accompagnato più di 70mila persone. Nel 2018 il Dipartimento di Stato americano le ha riconosciuto l’International Women of Courage Award e nel marzo del 2022 è stata inserita tra i “Giusti” della Shoah e degli altri genocidi al Giardino del Monte Stella di Milano dall’Associazione Gariwo, la foresta dei Giusti. E ora lei stessa si sta impegnando in prima persona perché un analogo Giardino venga inaugurato in Ruanda in occasione del trentennale del genocidio.