È uscito questa settimana il sesto numero di Babel, la rivista semestrale delle ACLI provinciali di Bergamo che racconta la pluralità culturale e religiosa della città e il cambiamento che sta avvenendo dentro le nostre case, quartieri, scuole e parchi.
Per vivere tutto questo con consapevolezza e con coraggio. Senza paure o risentimenti.
Perché, ne siamo convinti, non c’è altra strada che quella – che ha anche le sue fatiche – della convivialità delle differenze. È il nostro presente. Sarà il nostro futuro.
In questo numero ci siamo interrogati su quanto la lotta per la giustizia ambientale ci possa accomunare tutti. Siamo andati a scovare nella nostra Bergamo realtà di cura per l'altro e l'ambiente, spazi diversi e originali che condividono la prospettiva di un futuro sostenibile.

Non uccidete il mare,
la libellula, il vento.
Non soffocate il lamento
(il canto!) del lamantino.
Il galagone, il pino:
anche di questo è fatto
l’uomo. E chi per profitto vile
fulmina un pesce, un fiume,
non fatelo cavaliere
del lavoro. L’amore
finisce dove finisce l’erba
e l’acqua muore. Dove
sparendo la foresta
e l’aria verde, chi resta
sospira nel sempre più vasto
paese guasto: Come
potrebbe tornare a essere bella,
scomparso l’uomo, la terra.
Giorgio Caproni, Versicoli quasi ecologici (Res Amissa)
NON UCCIDETE IL MARE...
Editoriale di Marco Pacati
Quasi profetici questi versi di Giorgio Caproni, che risalgono al 1991: il problema delle mutazioni climatiche e della sostenibilità ambientale era già avvertito, ma forse solo da qualche pioniere visionario attraverso suggestive forme d’arte piuttosto che riflessioni scientifiche e constatazioni quotidiane.
Sembra che finalmente anche la politica abbia compreso l’assoluta necessità di porre in primo piano nei negoziati misure comuni per rimediare a decenni di sciagurata devastazione del pianeta (si sono da poco conclusi il G20 di Roma e la COP26 di Glasgow).
Anche Babel si schiera, con questo numero, a fianco dei tanti giovani sensibili e spesso mobilitati per garantire alle generazioni future una qualità di vita che non può e non deve fondarsi sullo sfruttamento della terra e su un’equivoca concezione di progresso: ma lo fa col suo stile fresco, entusiasta, costruttivo, scevro di forme di terrorismo psicologico che, se da un lato lanciano l’allarme e sensibilizzano, dall’altro sembrano paralizzare e indurre ad un fatalismo rassegnato.
Lo fa partendo dai bambini, dalle scuole, dove esperienze concrete di amore per la natura prospettano un futuro possibile e allettante; lo fa attraverso il confronto interreligioso e interculturale, in cui sensibilità assai diverse e lontane trovano una parola chiave di matrice francescana che le accomuna: GRATITUDINE.
“Il mondo non è nostro”, e se l’abbiamo erroneamente pensato, magari anche in buona fede, ma certo in preda ad un delirio di onnipotenza, oggi cominciamo a renderci conto che non siamo autosufficienti, né a livello individuale (e la pandemia ci ha aiutato, nostro malgrado, a comprenderlo), né come specie: l’uomo non può vivere senza la natura e, distruggendola, pone le basi per l’autodistruzione.
In questa chiave Babel propone come messaggio di speranza la “cura” dell’altro, il rispetto del creato attraverso diverse forme di amore (il Triciclo come percorso di riscatto e di inclusione; l’accoglienza ai migranti - e in particolare ai minori- anche attraverso una riflessione sul rapporto clima-migrazioni; la sperimentazione della libertà emotiva attraverso il rapporto con la natura; la “celebrazione” dei legumi e la proposta di accattivanti quanto divertenti ricette per cucinarli…).
Ci piace pensare che Bergamo abbia scelto per sé profeticamente un patrono africano: siamo tutti figli dello stesso creato e abbiamo il dovere di proteggerlo per proteggerci, di amarlo per amarci, di riconoscerlo come dono per saper essere più attenti e generosi.
Questo numero di Babel, pur nell’umiltà della sua proposta, vorrebbe dare il suo convinto e tenace sostegno a chi già si adopera con abnegazione per un futuro sostenibile e il suo delicato, ma fermo monito, a chi è tempo che lo faccia.