I lunedì d'arte di Molte Fedi

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SBIRCIARE LA BELLEZZA 
di Rosella Ferrari

Sbirciare è un termine da bambini: sono loro che, curiosi, aprono piano una porta (un’anta, un coperchio, un cassetto...) per scoprire cosa c’è dietro. E di solito trovano tesori, perché tutto per i bambini può essere un tesoro davanti al quale sostare, gli occhi pieni di ammirazione.

Noi ora imitiamo i bambini: apriamo piano delle porte, sbirciamo all’interno e scopriamo dei tesori. Magari conosciuti, magari no. Forse soffermandoci ammirati su qualche particolare che non può sfuggire, perché è bellezza.



C’È UNA MOSCA!

Va bene, lo so che non è così strano trovare una mosca, di solito… Ma oggi credo che la nostra mosca riuscirà a sorprendervi. Anzi, ne sono certa.

Per cercarla dobbiamo innanzitutto spostarci da Bergamo. Dobbiamo, per la precisione, raggiungere Alzano Lombardo, all’imbocco della Valle Seriana. Lì ci dobbiamo recare alla chiesa parrocchiale, la splendida basilica intitolata a san Martino, Vescovo di Tours.

Ci troviamo così davanti un grande edificio, forse troppo importante per un paese come doveva essere Alzano al tempo della costruzione di questa chiesa.

Proprio dove oggi sorge la basilica, già nel 1023 sorgeva una chiesa romanica a navata unica, col tetto in legno: intorno al 1420 venne sostituita da una chiesa più grande.

Arriviamo al 1656, quando un ricco mercante di Alzano lascia un’enorme eredità destinata alla costruzione di una nuova, ricca chiesa. Nasce la Fabbriceria, che da subito inizia a far predisporre progetti, invitando i migliori architetti e artisti del tempo.

Solo tre anni dopo iniziano i lavori: le antiche strutture vengono mantenute in parte, ma la chiesa viene ingrandita e completata da una nuova sagrestia. A fine anni '60 iniziano i lavori di decorazione dell’interno della chiesa, a cominciare dalla volta, che viene decorata con magnifici stucchi. Da questo momento, ogni anno i migliori artisti del tempo vengono incaricati di abbellire la chiesa il più possibile, regalandoci lo strepitoso interno barocco che ancora oggi sorprende chi lo vede per la prima volta.

Nel 1677 inizia la costruzione delle nuove sagrestie, costruite nello spazio ricavato attraverso l’acquisto e la demolizione dei fabbricati adiacenti. L’incarico è affidato alle due “botteghe” più importanti di Bergamo: i Fantoni e i Caniana. Le botteghe erano dei veri e propri laboratori famigliari dove gli “artigiani” (allora non erano considerati artisti…) imparavano il mestieri osservando il lavoro dei più esperti. Di generazione in generazione, di fatto i bimbi nascevano già con lo scalpello in mano ed è così che a un certo punto nasce il genio, quello che, già fornito (geneticamente, secondo me…) delle conoscenze, porta la qualità ad un livello immenso.

Per i Fantoni, il genio sarà Andrea, figlio di Grazioso, mentre per i Caniana sarà Giovan Battista, figlio di Giacomo Antonio. Tra i due nascono da subito un’armonia e un’amicizia che contribuirono certamente alla riuscita del capolavoro della seconda sagrestia.

Noi ci fermiamo, oggi, alla prima delle tre sagrestie, perché la nostra meta di oggi si trova proprio qui.

Appena entrati, i visitatori che vedono questo luogo per la prima volta rimangono senza parole: il colpo d’occhio è davvero emozionante. I grandi armadi che conservano paramenti e oggetti liturgici sono completamente decorati da figure, fregi vegetali, maschere e immagini che si vorrebbe poter ammirare con calma, una ad una. È l’effetto dello stile barocco, ma non il barocco pesante e massiccio delle chiese spagnole: qui è più leggero, forse più armonico. Alla sommità dei grandi armadi le cimase lasciano senza fiato, con statue a tutto tondo unite in scene dal profondo significato simbolico e teologico, oltre che dalla qualità artistica indiscutibile.

Come se tutto questo non bastasse, alzando gli occhi possiamo ammirare gli stucchi magnifici e delicati di G. Angelo Sala, la cui maestria lo porterà ad avere incarichi prestigiosi nei luoghi più importanti di Bergamo (uno per tutti, la Basilica di Santa Maria Maggiore).

Ora ci voltiamo verso la porta dalla quale siamo appena entrati, lasciandoci alle spalle per un momento la bellezza dell’insieme. Ci troviamo così di fronte una bussola in legno alla sommità della quale vediamo una decorazione che comprende un’urna: sulla parete posteriore un fregio in marmo ricorda la generosità di Nicolò Valle, il cui busto in marmo spicca al di sopra.

Questa bussola in legno non è opera dei Fantoni ma di un giovanissimo artista che la eseguì molto tempo dopo, nel 1855: possiamo solo immaginare che sfida dev’essere stata, per Ignazio Briolini, confrontarsi con le opere dei maestri… Eppure egli ci ha regalato un’opera davvero interessante che, pur non potendo essere considerata in stile barocco, riesce comunque ad inserirsi armoniosamente in un ambiente davvero complesso.

Più semplice e lineare, la bussola si inserisce bene nell’ambiente e con la sua eleganza è davvero piacevole. Le due colonne laterali sono decorate da girali vegetali che danno l’idea di colonne tortili senza esserlo e al centro spicca la decorazione più importante, che raffigura una figura femminile alata che regge sul capo un cesto di frutta.

Eccoci, siamo davanti alla nostra meta di oggi: la mosca del titolo.


Lo so che è assurdo, con tante “cose” davanti, andare in cerca di una mosca… Eppure, essendo poco visibile, è una curiosità relativamente poco conosciuta.

Il particolare ravvicinato di alcuni frutti – e un piccolo aiuto grafico – ci permette di notare (se facciamo molta attenzione) che su una mela è posata una minuscola mosca: la possiamo vedere a testa in giù e con le zampette bene attaccate al frutto. Una mosca che tra poco, forse, volerà via, lasciando dietro di sé un vuoto: per questo è simbolo della caducità della vita. Ma ci piace pensare che lo scultore l’abbia voluta qui per incuriosirci, per sorprenderci, per far ammirare la sua arte – anche in luogo magico come questo – attraverso un particolare davvero piccolo.

Credo davvero che ci sia riuscito.