Spuntini libreschi

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4 maggio 2021
di Adriano Marconi


(Non solo) racconti

I racconti, si sa, si prestano bene ad essere raccolti in antologie, sia dello stesso autore che di autori diversi, oppure su uno specifico tema comune.


Per chi ama la natura (e i racconti, naturalmente) suggerisco, ad esempio


(A cura di) Matteo Sturani

PIETRE, PIUME E INSETTI – L’arte di raccontare la natura

Einaudi, 2013, pagg. 403.


Ma, per rimanere a temi forse più consoni a Molte fedi sotto lo stesso cielo, vorrei soffermarmi su un’altra raccolta, sempre edita da Einaudi.

 

(A cura di) Armando Buonaiuto

Prefazione di Gabriella Caramore

RACCONTI SPIRITUALI

Einaudi, 2020, pagg. XX - 244


Una raccolta che comprende 18 racconti di autori diversi, raggruppati in 9 sezioni tematiche, ognuna commentata (in forma a volte forse fin troppo estesa) da Armando Buonaiuto, collaboratore della Fondazione Circolo dei lettori di Torino.


Racconti il cui filo unificante è ben descritto dalla presentazione da parte dell’editore:


“Accade talvolta, nella vita così come fra le pagine di un libro, che si schiuda qualcosa di potente e inatteso: per un momento la maglia del quotidiano si allenta, un barlume filtra e illumina la realtà che ci circonda. Per far scintillare un simile mistero, la letteratura è una chiave unica e preziosa. Questi diciotto racconti ci ricordano l'esistenza di un filo teso tra umano e divino: facendoci sfiorare da una forza antica quanto l'uomo stesso, ci catturano e insieme ci liberano.”


Ecco allora, nel racconto di Guy de Maupassant, un prete dal cuore di pietra ammorbidito da una notte di luna; o un professore, narrato da Giovannino Guareschi, che, in un momento particolare, coglie nel suo peggiore studente una saggezza che non aveva mai intuito prima. O, ancora, un mulo che mostra amore in un mondo in guerra, raccontato da Vasilij Grossman, oppure Natalia Ginzburg che intravede il divino “sotto una coperta sudicia, piena di cimici”, o Dino Buzzati che in I due autisti riflette, dopo la morte di lei, sul suo rapporto con la madre.

Tra gli altri, nel libro c’è Cattedrale, uno dei racconti più famosi di Raymond Carver.

Un cieco si fa spiegare e descrivere che cosa sia una cattedrale da un conoscente, mentre “guardano” in televisione un documentario sull’argomento. Ma alla fine è il cieco a spiegare nuove prospettive con cui vedere la cattedrale e le cose. Perché, come scrive in un suo commento Massimo Recalcati: “È proprio dalla cecità del mondo finito che può sorgere la stupefazione e la visione dell’infinito.”


E su Carver vorrei soffermarmi perché, come dalle parentesi del titolo, mi permette di sconfinare nel territorio da me molto amato della poesia.

 

Raymond Carver (Clatskanie, 25 maggio 1938 – Port Angeles, 2 agosto 1988) fin dalla giovane età si barcamenò tra i mestieri più disparati, cambiando anche spesso luogo di residenza: bibliotecario, fattorino, redattore, operaio in segheria.

Senza però mai trascurare la sua passione per la lettura e la scrittura.


Tutta la prima parte della sua vita da adulto è condizionata dalla necessità di mantenere la sua famiglia (si sposa a diciannove anni con una ragazza di diciassette da cui avrà due figli) e dalle scarse condizioni economiche.

Più tardi dirà, ironicamente, di sentirsi “appartenente di diritto” alla categoria dei “lavoratori poveri”; e in un’altra occasione scriverà in un suo saggio (direi questa volta tragicamente):


“Devo dire che l'influsso più grande sulla mia vita, e sulla mia scrittura, è venuto, direttamente o indirettamente, dai miei due figli. Sono nati prima che avessi vent'anni, e dal primo all'ultimo giorno che abbiamo vissuto sotto lo stesso tetto, circa diciannove anni in tutto, non c'è stata una singola zona della mia vita nella quale il loro pesante, talora malefico influsso non sia arrivato.”


Nel frattempo continua a studiare, collaborare con riviste, scrivere e cercare di farsi pubblicare i suoi scritti.


Comincia così a procurarsi una certa notorietà, ma alle difficoltà economiche si aggiungono i primi segni di alcolismo, il che lo porta ad essere spesso violento nei confronti della moglie e dei figli. Tutto ciò conduce alla fine del suo matrimonio.

Dopo questi tragici avvenimenti nel 1977 riesce però a smettere di bere.


Comincia così la seconda fase della sua vita che lo porterà negli anni successivi al matrimonio con la poetessa Tess Gallagher e, per quanto riguarda la scrittura, al successo, alla fama, nonché all’ottenimento di numerosi premi.


Nel 1987 si manifestano i primi segni del tumore che un anno dopo lo porterà alla morte a soli 50 anni.


Di quei mesi Tess Gallagher ha scritto: “Nei dieci mesi che hanno preceduto la morte di Ray abbiamo combattuto una battaglia strenua, ma nel maggio del 1988 sapevamo già che non avremmo vinto.... Perciò, tra maggio e agosto, abbiamo dovuto fare i conti con il fatto che stavolta non l'avremmo scampata, e accettarlo. È stato molto, molto difficile. Ma è stato anche, paradossalmente, un periodo di trascendenza. Non eravamo così immersi nell'angoscia di una fine come ci si potrebbe aspettare. La chiusura del nostro tempo insieme sembrava inspiegabilmente e in maniera piuttosto strana infonderci nuovo vigore e rendere ogni momento più importante di quanto avremmo mai pensato potesse essere”.

 

Carver ha provato anche a scrivere un romanzo, ma non l’ha mai completato. La sua cifra è sempre stata quella del racconto (“Un buon racconto vale quanto una dozzina di cattivi romanzi” ha dichiarato in una intervista).


Maestro della narrativa breve, Carver è considerato un capostipite dei cosiddetti scrittori “minimalisti” (perché lo scrittore è capace di ridurre al minimo essenziale la storia e le parole usate per raccontarla), anche se non si è mai del tutto riconosciuto in questa etichetta. Anzi si è più volte opposto al suo editor Gordon Lish che ha spesso rimaneggiato i racconti sottoponendoli a drastici tagli (in edizioni successive poi eliminati).


Nell’inviargli i racconti della raccolta Cattedrale, più ampi e complessi rispetto a quelli delle precedenti raccolte, Carver scrive infatti a Lish: "una cosa è sicura: i racconti di questa raccolta saranno più pieni di quelli dei libri precedenti. E questa, Cristo santo, è una cosa buona. Non sono lo stesso scrittore di prima. Però so che tra questi 14 o 15 racconti che ti darò ce ne sono alcuni che ti faranno arricciare il naso, che non coincideranno con l'idea che la gente si è fatta di come deve essere un racconto di Carver - e per gente intendo te, me, i lettori in genere, i critici. Comunque, io non sono loro, non sono noi, sono io. Può darsi che alcuni di questi racconti non si adattino facilmente a starsene allineati in fila con gli altri, è inevitabile. Però, Gordon, giuro su Dio e tanto vale che te lo dica subito, non posso subire l'amputazione e il trapianto che in un modo o nell'altro servirebbero a farli entrare nella scatola, di modo che il coperchio chiuda bene."

In Italia le opere di Carver sono edite da Minimum Fax, da Mondadori (Tutti i racconti in un Meridiano) ed Einaudi (che ha pubblicato soprattutto le versioni senza tagli).


Belli, a mio parere, i titoli delle raccolte (spesso anche titolo di uno dei racconti).


Vuoi star zitta per favore? – Minimum Fax, 1999
 


Da dove sto chiamando – Minimum Fax, 1999 (
raccoglie i trentasette migliori racconti secondo Carver, scelti poco prima della sua morte).


Di cosa parliamo quando parliamo d’amore? – Minimum Fax, 2001 (
pubblicata anche da Einaudi con il titolo Principianti e senza tagli)


Voi non sapete cos’è l’amore – Minimum Fax, 2001
(con anche saggi e poesie)


Cattedrale – Minimum Fax, 2002


I protagonisti delle storie narrate sono sempre individui modesti, gente comune e spesso coppie. Di loro vengono raccontate quotidianità, abitudini, problemi economici, difficoltà, disperazioni.


A proposito di questo, ma anche della bellezza dei racconti e di quanto siano coinvolgenti, è stato scritto: “Il lettore rimane in tensione per tutta la lunghezza dei racconti, quasi aspettasse inconsciamente la tragedia … che infine arriva: circa dieci minuti dopo aver chiuso il libro.”


Ma all’interno della narrazione trovano spazio anche piccole speranze, fugaci ricordi piacevoli, promesse di cambiamento, tutto ciò che di vero e autentico rimane in quelle vite banali.

Fa parte del modo di narrare di Carver: descrizione di avvenimenti e situazioni spesso banali, quotidiane, a volte tragiche, e sottolineature su sensazioni e sentimenti che queste situazioni si portano dentro.

Come nella poesia

Il Dono

Questa mattina c’è neve dappertutto.
Lo notiamo entrambi.
Mi dici che non hai dormito bene.
Ti confesso che nemmeno io. Tu hai avuto
una nottata terribile. “Anch’io”.
Siamo straordinariamente calmi
e teneri l’uno con l’altra,
come se ognuno di noi
percepisse la fragilità mentale dell’altro.
Come se ognuno sapesse cosa
prova l’altro. Anche se, naturalmente,
non lo sappiamo. Non lo si sa mai.
Non importa.
E’ della tenerezza che m’importa.
Questo è il dono
che stamattina mi commuove e mi
sostiene.
Come tutte le mattine.


Le poesie, appunto. Pubblicate in Italia da Minimum Fax, in raccolte quali:

Racconti in forma di poesia, 1999 (a sottolineare la vicinanza, per Carver, tra racconto e poesia)


Il nuovo sentiero per la cascata, 2001


Blu oltremare, 2003


Orientarsi con le stelle – Tutte le poesie, 2013


Tutte le poesie,
un cofanetto in due volumi edito nel marzo scorso.


Edizione, quest’ultima, presentata dall’editore con queste parole:


“Un’occasione per celebrare un grande scrittore che, in prosa e in versi, ha saputo raccontare con verità, economia di stile e profondità di sguardo il mondo degli ultimi, dei reietti, dei senza riscatto.

E i versi, insieme alla prosa cristallina dei suoi racconti, ai saggi, ai ricordi personali, hanno costituito fin dagli esordi la sua cifra, scandendo una ricerca letteraria che nella brevità, nella sintesi, nella sottrazione, nelle minute epifanie del quotidiano ha trovato la sua chiave … Un’occasione unica per imparare a conoscere, anche al di là delle tre raccolte che lo hanno reso celebre, le tante forme diverse che Carver ha utilizzato per raccontare se stesso, il suo mondo, i personaggi stralunati e sconfitti che lo popolano.”

Delle poesie, ma a mio parere può valere anche per i racconti, Tess Gallagher scrive: “Dalle prime alle ultime, le poesie sono meravigliosamente chiare, e questa limpidezza, come il dolce fragore dell’acqua sorgiva in bocca, non ha bisogno di giustificazione. Il tempo trascorso a leggere le poesie di Ray diventa subito fecondo, perché i suoi versi si concedono con la stessa facilità e spontaneità naturale del respiro. Chi non sarebbe disarmato da una poesia che richiede da noi così poco, rispetto a quanto generosamente concede?”


Un linguaggio ordinario per parlare di sentimenti semplici ma anche di tensioni più profonde quali la paura della morte, il significato degli incontri, il desiderio di essere amati…

Come in una delle sue ultime (se non l’ultima) poesie; scritta quando già era malato e dal titolo evocativo:

Ultimo frammento

E hai ottenuto quello che
volevi da questa vita, nonostante tutto?
Sì.
E cos’è che volevi?
Potermi dire amato, sentirmi
amato sulla terra.