Occorre progettare un nuovo inizio per l'era post-covid

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L’immagine riassuntiva per il 2020 di «Molte fedi sotto lo stesso cielo» era quella di una nave a vela, impegnata in una traversata rischiosa ma pur sempre orientata a un punto d’approdo.

A poche settimane dalla conclusione della rassegna interconfessionale promossa dalle Acli, L'Eco di Bergamo ha chiesto al presidente provinciale Daniele Rocchetti di presentarce un consuntivo di questa edizione, in cui tutti gli incontri – in ottemperanza alle norme sull’emergenza sanitaria in corso - sono stati trasmessi in streaming.


Il titolo generale per quest’anno era «In mare aperto. Abitare l’incertezza, ripensare il futuro»: lo avete scelto dopo l’arrivo della pandemia di coronavirus?


«Certo, non potevamo non tener conto di un dramma di queste proporzioni. In realtà, nel febbraio del 2020 avevamo già completato il programma di una nuova edizione della nostra rassegna: avevamo deciso il tema e preso accordi con gran parte dei relatori. Poi, con l’arrivo della pandemia, il mondo si è ribaltato. Abbiamo riflettuto a lungo sull’opportunità di “saltare un anno”, posponendo tutto al 2021; alla fine, anche sollecitati da tante persone che ci avevano scritto, abbiamo deciso di procedere con incontri a distanza: ci è sembrato che potessimo e dovessimo aiutare la comunità bergamasca ad alzare lo sguardo, a dotarsi di chiavi di lettura di quanto stava accadendo. Del resto, “Molte fedi” ha sempre avuto come obiettivo primario quello di tentare di decifrare la complessità del reale, trovando il coraggio di porre anche domande per cui non ci sono risposte immediate: si tratta di interrogare il presente, alla ricerca di pertugi in cui si possa “difendere l’umano”. Dunque, dovendo ripensare daccapo nel format e nei contenuti l’edizione 2020, ci è venuta in mente l’immagine di una navigazione in mare aperto».


Una navigazione pericolosa, ma non condotta alla cieca?


«No, nel senso che già da ora occorre immaginare e progettare un “nuovo inizio”, un nuovo assetto sociale ed economico per il mondo post-Covid: non possiamo adagiarci nell’illusione che, una volta terminata l’attuale emergenza sanitaria, le cose ritorneranno esattamente come erano prima. La situazione drammatica in cui ci troviamo ci offre l’occasione di ripensare schemi di vita che potevano sembrare scontati, a partire da un modello di sviluppo basato
esclusivamente, o quasi, su criteri numerici, di ricchezza materiale».


Si potrebbe immaginare che il pubblico sia stanco di conferenze e altri eventi solo «virtuali», trasmessi a distanza. Voi, invece, avete avuto riscontri positivi?


«Inizialmente eravamo preoccupati, perché fin dai suoi inizi “Molte fedi” è vissuta di fisicità, di incontri reali, di pubblico che affollava gli auditorium e le chiese. Temevamo il passaggio da questi ambienti gremiti al divano di casa, davanti a un monitor. Invece il bilancio è stato assai positivo, anche grazie alla collaborazione con “L’Eco di Bergamo” e con Bergamo Tv, per quanto riguarda le dirette degli eventi, e con Lab 80, che ha curato la post-produzione delle registrazioni. La cosa ha funzionato, da due punti di vista: in primo luogo, abbiamo avuto ancora una volta il sostegno di una folta “comunità” che nel tempo si è raccolta attorno a “Molte fedi” (anche quest’anno sono state sottoscritte molte “card” dell’iniziativa, con le quali siamo riusciti a coprire gran parte delle spese); inoltre, abbiamo registrato 400mila visualizzazioni totali dei 60 eventi che si sono susseguiti nell’arco di tre mesi. La modalità in streaming, con tutti i limiti che la caratterizzano, ci ha consentito di allargare il nostro bacino di utenza, andando ben al di là dei confini della provincia».


Da diversi anni rientrano nel programma di «Molte fedi» anche i «Circoli di R-esistenza», gruppi di lettura e discussione attivi un po’ in tutta la Bergamasca: quest’anno fungeva da testo di riferimento un volumetto da voi pubblicato, «Vivere e morire oggi», che raccoglieva due contributi della teologa Rosanna Virgili e della psicologa Ines Testoni.


«Molti “Circoli di R-esistenza” si stanno incontrando a distanza: abbiamo anche organizzato dei corsi per formare all’uso di piattaforme in Internet. Altri gruppi sono invece in difficoltà: in effetti, le riunioni e le conversazioni in presenza sono sempre state una componente  essenziale di questa attività. Non abbiamo nemmeno avuto la possibilità di condurre cicli di incontri a livello locale nelle valli bergamasche, da Santa Brigida a Schilpario, aspetto che aveva costituito un nostro punto di forza nelle precedenti edizioni. In ogni caso, nel 2021 riproporremo i “Circoli di R-esistenza”: abbiamo già affidato alla sociologa Chiara Giaccardi e al teologo don Armando Matteo la scrittura di un nuovo libretto per questi gruppi, incentrato sul tema dell’“educazione”».


E per quanto riguarda il filone principale dell’edizione appena conclusa di «Molte fedi»? Quali sono stati gli eventi più seguiti?


«I “picchi” nelle visualizzazioni si sono registrati per i concerti di Niccolò Fabi e di Simone Cristicchi. Per il resto, la partecipazione è stata molto elevata negli incontri con ospiti ben noti, come l’ex presidente dell’Uruguay Pepe Mujica o lo scrittore Alessandro Baricco, ma anche in quelli con relatori meno famosi.


Due casi tra tanti: migliaia di persone hanno assistito alla conversazione con il vescovo di Pinerolo, monsignor Derio Olivero, che ha raccontato in un libro scritto con il giornalista
Alberto Chiara e pubblicato da San Paolo (“Verrà la vita e avrà i suoi occhi”) la sua vicenda di malato di Covid ricoverato in un reparto di terapia intensiva. Moltissimi anche coloro che hanno ascoltato la meditazione di don Luigi Maria Epicoco, preside dell’Istituto superiore di Scienze religiose dell’Aquila, sul senso della “Speranza”. Da molti di questi incontri è venuta una sollecitazione a guardare più in là dei nostri confini provinciali, regionali o nazionali, tenendo conto di ciò che sta avvenendo a livello mondiale».


Ci permettiamo una battuta: in questi mesi, abbiamo sperimentato che cosa davvero comporti un «sovranismo rigoroso», con il blocco delle frontiere tra gli Stati.

«È vero. Tuttavia, proprio mentre non ci era permesso di viaggiare, di incontrare fisicamente gli altri, abbiamo constatato quanto sia astratta l’idea che ognuno possa bastare a sé stesso. Papa Francesco lo ha detto chiaramente: “Nessuno può salvarsi da solo, nessun popolo, nessuno!”. Noi crediamo davvero che da questa edizione di “Molte fedi” sia giunto, a chi l’ha
seguita, un invito a sentirsi parte di una sola grande comunità di destino, su scala planetaria».


Nel mese di dicembre «Molte fedi» ha lanciato anche un servizio di podcast, «Astrolabio».


«L’idea è di rendere disponibile con cadenza mensile i contributi dei rappresentanti di diverse religioni sugli argomenti consueti della nostra rassegna. Le prime registrazioni audio (“Mappe celesti per il 2021”) sono già disponibili nel sito moltefedi.it e nelle principali piattaforme Internet, come Spotify, Google Podcasts e Apple Podcasts. In tempo di pandemia, le fedi sono messe particolarmente alla prova: sono sfidate a dare ragione della promessa di “vita buona” di cui tutte sono portatrici. “Astrolabio” vorrebbe appunto dare ai rappresentanti di queste fedi la possibilità di mostrare la pertinenza umana, il valore antropologico della dimensione religiosa».


Immaginiamo che stiate già progettando l’edizione 2021 della rassegna, tenendo anche conto dell’evoluzione del contesto generale.


«Per quanto riguarda il format, pensiamo di ricorrere a una modalità mista. I “focus del lunedì
sera”, in cui erano ospiti grandi giornalisti, hanno avuto un’audience molto maggiore rispetto al pubblico che teoricamente avrebbe potuto partecipare a un evento in presenza; così pure le riflessioni domenicali del ciclo “Ascolta, si leva l’alba”, aperto nello scorso settembre dal vescovo Francesco Beschi. Iniziative di questo tipo potrebbero perciò essere riproposte in streaming; il nostro desiderio è però quello di ritornare anche agli incontri in presenza, aperti a quella “comunità di territorio” che a noi delle Acli sta particolarmente a cuore».