Giovedì 2 giugno 2022
Giuseppe Riggio
@aggiornamentisociali
Nel dibattito pubblico e nell’informazione ad ampio raggio ci sono temi che, pur essendo di grande rilievo, restano sottotraccia, appannaggio di quanti se ne occupano per ragioni professionali o interesse personale, finché non si verifica un evento o giunge una scadenza a portarli in cima all’agenda politica, a farli diventare argomento di discussione nei talk show e nelle conversazioni quotidiane. Qualcosa di simile sta accadendo con i referendum in tema di giustizia, proposti dalla Lega e dai Radicali, che si svolgeranno il 12 giugno 2022 e di cui si è iniziato a parlare soltanto nelle ultime settimane, aprendo una breccia, ancorché modesta, nel flusso comunicativo del nostro Paese, concentrato soprattutto sul conflitto in Ucraina e le sue molteplici conseguenze.

A confronto con quesiti tecnici
Sono diverse le ragioni per cui alcuni temi restano marginali: nel caso di questo voto referendario sta pesando di sicuro il carattere tecnico dei quesiti sottoposti ai cittadini.
Tre dei referendum proposti toccano alcuni aspetti del funzionamento del nostro ordinamento giudiziario: il venir meno della possibilità per i magistrati di passare da giudice a pubblico ministero e viceversa nel corso della loro carriera (la cosiddetta separazione delle funzioni); la possibilità per un magistrato di candidarsi a membro del Consiglio superiore della magistratura (CSM) senza dover raccogliere le firme di colleghi a sostegno della sua candidatura; l’inclusione degli avvocati e docenti universitari, che sono membri dei Consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nei processi di valutazione dei magistrati. Su questi temi il Parlamento sta discutendo una possibile riforma, presentata dal Ministro della Giustizia Marta Cartabia, che, se approvata in modo definitivo prima del 12 giugno e in base al suo contenuto, potrebbe portare all’annullamento di questi tre referendum. Gli altri due quesiti riguardano la sfera penalistica: se fossero approvati vi sarebbe una revisione in senso restrittivo dei casi in cui si possono applicare le misure cautelari personali e l’abrogazione della “Legge Severino” sull’incandidabilità a cariche elettive di chi è condannato per delitti non colposi. Per approfondire i contenuti dei singoli referendum rinviamo alle schede alle pp. 368-373.
È sufficiente una rapida lettura dei quesiti referendari per rendersi conto che riguardano disposizioni normative molto specifiche, in alcuni casi note solo agli addetti ai lavori e di cui i cittadini comprensibilmente faticano a mettere a fuoco la rilevanza per la loro vita (ad esempio, le modalità di elezione dei magistrati al CSM). La tecnicità dei testi, unita alla limitata copertura informativa e allo scarso coinvolgimento delle forze politiche nella campagna referendaria, spiegano perché, secondo i sondaggi effettuati, sia in dubbio il raggiungimento del quorum richiesto per la validità dei referendum abrogativi (la metà degli aventi diritto al voto più uno). Se poi si considera la storia recente, negli ultimi 25 anni siamo stati chiamati alle urne otto volte per votare su referendum abrogativi, ma solo nel 2011 il quorum è stato raggiunto.