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“Forse abbiamo bisogno dei confini o forse, semplicemente, non riusciamo a farne a meno” esordisce Marco Aime nella prefazione del libro. In “Storie di città divise” il confine è un’immagine tangibile, è il ponte di Mostar, una linea sottile, ma ingombrante, rossa a Gorizia e verde a Nicosia o, ancora, una riva inquieta a Beirut. Francesco Mazzucotelli, professore di Storia e Cultura del Medio Oriente presso il dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Pavia, in queste pagine sceglie, come campo d’analisi storico-antropologico centrale del nostro tempo, la città nella sua complessità e nelle sue fratture. Indagare la storia di lacerazione delle città divise significa credere che nella dimensione fisica e vitale del tessuto urbano possa nascondersi la chiave per comprendere la natura dei conflitti moderni e, magari, per costruire inedite strategie di pace. “Le grandi città contemporanee continuano insomma a essere luoghi di creatività, cultura, produzione e accumulazione di ricchezza, ma sono anche luoghi di frammentazione e disagio, attraversati da confini che non sono soltanto fisici, ma anche sociali, mentali, estetici e simbolici. Si tratta di confini che vengono ridefiniti e risignificati continuamente; cerniere tra ciò che è incluso e ciò che è escluso, spazi di scontro, ma anche di incontro con l’alterità che possono talora persino preludere a possibilità di convivenza.”
Francesco Mazzucotelli
Insegna Storia e Cultura del Medio Oriente presso il dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Pavia. Tra i suoi interessi di ricerca vi sono il confessionalismo e la storia urbana. È coautore di Guida alla politica mediorientale (Mondadori 2021).