11 maggio 2021
di Carlotta Testoni
Giuseppe Dossetti
L’ETERNO E LA STORIA. Il discorso dell’Archiginnasio
A cura di Enrico Galavotti e Fabrizio Mandrioli
EDB pagg. 146
Questo prezioso libretto ripropone il discorso pronunciato da don Giuseppe Dossetti nel febbraio del 1986 in occasione del conferimento dell’Archiginnasio d’oro, premio che la città di Bologna assegna ai suoi uomini più illustri, come il cardinal Lercaro, Michelangelo Antonioni o Riccardo Bacchelli.

Il testo contiene anche i due discorsi introduttivi, quello dell’allora sindaco di Bologna, Renzo Imbeni e quello di Giuseppe Lazzati, suo caro amico fin dalla fine degli anni ’30, che accettò l’impegno di tratteggiarne il profilo benché sofferente; morirà infatti pochi mesi dopo.
Il libro riporta anche uno scambio epistolare tra Imbeni e Dossetti (che in un primo momento aveva pensato di rinunciare al prestigioso premio) e una lettera a Dossetti del vescovo Giacomo Biffi, all’indomani della cerimonia.
Molto interessanti sono i due saggi che seguono la riproposizione del discorso di Dossetti. il primo, scritto da Enrico Galavotti (storico della chiesa e studioso di Dossetti), ricostruisce il contesto storico ed ecclesiale di quel discorso, in riferimento al singolare percorso di vita di Dossetti; mentre il secondo, di Fabrizio Mandreoli (sacerdote di Bologna e teologo, anche lui studioso di Dossetti), compie una rilettura del discorso volta a cogliere gli elementi ancora straordinariamente vitali per quanti, persone e comunità, cercano di attraversare la vita e la storia come discepoli di Gesù Cristo.
Ma, soprattutto per i più giovani: chi è Giuseppe Dossetti e perché questo discorso è “storico” e insieme significativo ancora oggi?

Giuseppe Dossetti nasce a Genova nel 1913, nello stesso anno i genitori si trasferiscono a Cavriago, dove il padre gestisce una farmacia. Si iscrive all’Università di Modena e dopo la laurea si sposta a Milano (Università Cattolica) per perfezionarsi. Qui ha modo di conoscere il gruppo che sarà detto dei “professorini”: Lazzati, Fanfani, La Pira ecc. ma rimane costantemente in contatto con la sua Reggio e con Bologna.
Allo scoppio della guerra si intensificano le sue ricerche e gli studi per un nuovo modello di società e di Stato. Durante la Resistenza Dossetti partecipa alla lotta armata, prima in pianura, poi in montagna. Dopo il 25 aprile è chiamato a Roma, cooptato dalla Democrazia Cristiana.
È deputato alla Costituente e alla Camera e il suo contributo fu importante e significativo.
Diventa vicesegretario della DC di De Gasperi, ma Dossetti cerca una via politica originale: la costruzione di una democrazia “sostanziale”; lo scontro all’interno della DC è inevitabile.
Nel 1951, dinanzi all’impraticabilità della sua proposta politica, si ritira dal Parlamento, dal partito e dallo stesso impegno universitario. Si trattava per lui di lavorare profondamente per un rinnovamento della Chiesa che avrebbe consentito una diversa qualità della politica da parte dei cattolici. Decisivo è l’incontro con il cardinale Giacomo Lercaro.
Si dedica alla ricerca storico teologica fondando il Centro di Documentazione e dando vita alla comunità monastica La piccola famiglia dell’Annunziata a Monteveglio. Dopo una breve esperienza nel Consiglio comunale di Bologna, nel 1959 viene ordinato sacerdote. Durante il Concilio Vaticano II è collaboratore di Lercaro e anche qui la sua acuta intelligenza e la sua profonda spiritualità si fanno sentire.
L’allontanamento di Lercaro dal soglio episcopale di Bologna (a causa di un famoso discorso pacifista) coincide con il ritiro di Dossetti nella sua comunità monastica. Vive da allora in diverse case della sua comunità, in particolare in Israele.
Ritornato a Bologna per ragioni di salute, spezza il suo silenzio pubblico trentennale con questo famoso discorso.

Nei suoi ultimi anni di vita, dinanzi ai rischi gravi per la democrazia del Paese, la sua voce si è fatta sentire in difesa della Costituzione.
La sua vita mortale termina nel 1996, è sepolto nel cimitero di Casaglia.
È una delle luci più grandi che hanno illuminato la mia vita.
Il discorso di Dossetti, in quel febbraio del 1986, ha una premessa: tutto quello che ha fatto e che egli è stato, dice, lo deve alle persone che ha incontrato; lui è stato solo un prestanome. Ricorda alcune figure importanti per la sua vita, tra cui il già citato cardinale Giacomo Lercaro, alla cui paternità deve – dice – i doni più grandi: l’esperienza della stagione ecclesiale bolognese degli anni ’50 e ’60, la nascita della sua Famiglia spirituale, il sacerdozio e infine la partecipazione al Concilio e al primo post-concilio. E infine, e “sovrastante a tutto”, Papa Giovanni XIII, alla cui intelligenza profetica si deve, secondo Dossetti, la possibilità stessa di quel dialogo che ha portato fino all’incontro di quella sera.

Poi Dossetti indica alcune conclusioni, fra le tante, della sua personale vicenda di cristiano e di uomo cui egli è giunto a quel punto – ha 73 anni – della sua vita.
Anche qui vi cito solo alcune, le altre le scoprirete leggendolo: la prima è che non si deve concepire la vita come una raccolta di esperienze. Bisogna, ad un certo punto, fare una scelta. “Scegliere e sposarsi”, dice. Con una decisione forte e definitiva.
La seconda conclusione riguarda il diritto canonico, il diritto della Chiesa nei suoi rapporti con lo Stato, con la società civile. Per Dossetti viene sempre meno dell’importanza del Concordato e invece acquista sempre più rilievo l’articolo 8 della Costituzione, che riconosce la libertà e l’uguaglianza giuridica delle diverse comunità religiose.
La terza conclusione riguarda la vita monastica, quella che lui ha scelto. Non è stata una fuga dal mondo, né la conseguenza di delusioni o sconfitte. Dossetti dice di non rinnegare nulla di quanto ha vissuto, e di considerare la sua vita monastica una ricapitolazione e un significato ulteriore di tutte le precedenti tappe della sua esistenza. La vita monastica è per eccellenza sempre comunione non solo con l’Eterno ma con tutta la storia, e soprattutto con la storia degli umili, dei poveri, dei piccoli, dei senza storia. E il contributo che la vita monastica può offrire agli uomini e alla storia riguardano la castità e il significato dell’amore, la povertà, l’obbedienza e la carità.

In particolare la povertà si pone come “un’ipotesi compensativa” di fronte all’affermarsi di una società opulenta, che insegue la potenza in tutti i campi. E su questo punto, per lui cruciale, della pace e della educazione alla pace, Dossetti conclude il suo discorso, perché sulla pace si è imperniato il suo reale contributo, alla salvezza storica del mondo minacciato dalla violenza di armi sempre più potenti.
Un libro veramente speciale: per chi non conosce il personaggio e la storia di quei tempi, offre una ricapitolazione significativa del contesto e tratteggia la figura di Dossetti, per chi c’era o già ne ha sentito parlare, offre un esempio grande di come don Giuseppe parlava e pensava, un uomo straordinario, un vero profeta di Dio, la cui luce si scopre ogni volta che lo si pratica.